Ad Arles è stato scoperto un acquedotto romano che racconta duemila anni di storia

I frammenti calcarei ritrovati ad Arles si sono rivelati cronache minerali, capaci di svelare i segreti nascosti di un sofisticato sistema di distribuzione dell’acqua in epoca romana

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Angelica Losi

Content writer & Travel Expert

Per lavoro è Content writer, per diletto viaggia. Appassionata di turismo enogastronomico, fotografa tutto per inscatolare i ricordi e poi li racconta online.

Pubblicato: 3 Luglio 2025 07:30

Se pensiamo di essere la civiltà più evoluta mai esistita… forse è il momento di ricrederci. Ogni giorno, l’archeologia risveglia dal passato storie che sembrano fantascienza: tecnologie raffinatissime, ingegni straordinari e infrastrutture nate per migliorare davvero la vita delle persone. Una delle ultime meraviglie emerse dalla polvere del tempo ci porta in Provenza, nei pressi di Arles. Qui, come un segreto custodito sotto le pietre, è tornata alla luce un’antica rete idrica romana.

Un gruppo di ricercatori internazionali ha intrapreso un viaggio nel tempo analizzando i depositi calcarei formatisi all’interno delle vecchie condutture. Questi frammenti, simili a impronte minerali, hanno permesso di decifrare la geniale architettura del sistema idrico e raccontare, con la precisione di una cronaca millenaria, la storia di uno dei più avanzati esempi di ingegneria idraulica dell’antichità.

La scoperta della rete idrica di Arles

Un team di archeologi ha dato modo di portare alla luce l’antica rete idrica di Arles studiando attentamente i sedimenti minerali ritrovati all’interno delle condutture della cittadina della Provenza. Grazie alle tecnologie più moderne e avanzate, gli studiosi delle università di Mainz, Oxford e Innsbruck hanno ricostruito in modo preciso il ciclo vitale del sistema idrico di Arles in Francia, studiando la costruzione datata I secolo a.C. e utilizzata fino al V secolo d.C.

L’acquedotto originale, costruito intorno al 3 a.C., attingeva alle sorgenti sul versante meridionale delle colline dell’Alpilles. Dopo quasi un secolo, una seconda struttura idrica venne aggiunta dal versante settentrionale, fondendosi con la rete già esistente attraverso una vasca di decantazione. Il bacino aveva il compito di purificare l’acqua, depositando sabbia e particelle sospese.

Ma il destino della struttura cambiò: con l’arrivo della nuova fonte settentrionale, il primo acquedotto venne deviato per alimentare un complesso sistema di mulini ad acqua a Barbegal, una delle fabbriche più avanzate del mondo romano.

La scoperta archeologica della rete idrica di Arles
Johannes Gutenberg-Universität Mainz
Scoperto il funzionamento dell’acquedotto romano di Arles

La vera svolta è arrivata però grazie a un’osservazione sorprendente: all’interno delle volte crollate delle Terme di Costantino, i ricercatori hanno identificato frammenti di calcare provenienti dal vecchio acquedotto settentrionale. Questo indica che, nel IV secolo, il sistema fu restaurato e il materiale “scrostato” dalle condutture fu riutilizzato come inerte da costruzione per i tetti degli edifici termali. È la prova concreta che l’acquedotto era ancora in funzione all’epoca dell’imperatore Costantino.

L’analisi delle grandi tubature di piombo scoperte nel XIX secolo sul letto del Rodano ha chiarito un altro mistero: grazie alla corrispondenza isotopica con i depositi calcarei delle condutture, è stato possibile confermare che queste pipe trasportavano acqua verso il quartiere di Trinquetaille, al di là del fiume, tramite un ingegnoso sifone rovesciato.

L’importanza della scoperta

La portata della scoperta non è soltanto archeologica, ma anche concettuale. L’acquedotto di Arles non era una semplice infrastruttura idrica, ma un organismo dinamico, capace di adattarsi ai bisogni della città in evoluzione. Le analisi isotopiche hanno permesso di seguire nel tempo le fasi di costruzione, modifica e restauro, disegnando una mappa “climatica” e tecnica dell’antica rete idrica.

Ciò che rende straordinaria questa ricerca è il modo in cui i resti minerali, invisibili a occhio nudo, diventano testimoni affidabili di decisioni ingegneristiche prese duemila anni fa. Il sistema romano non solo ha garantito l’approvvigionamento idrico per secoli, ma è stato anche riadattato, riconvertito e mantenuto in modo sostenibile, con una logica di economia circolare che sorprende per modernità.

La scoperta ci ricorda quanto, già duemila anni fa, l’idea di progresso avesse radici profonde.